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martedì 30 gennaio 2018

L’inconscio in ascolto... e tu come ti parli?


Attenti al linguaggio che usate con voi stessi, l’inconscio vi ascolta


Ogni nostra decisione, ogni stato d’animo, ogni malattia, ogni comportamento, ogni cambiamento fisiologico ecc. ha origine grazie alla comunicazione che abbiamo continuamente con noi stessi. Se ci rivolgiamo a noi stessi con un linguaggio debilitante, il risultato sarà un comportamento debilitante e se ci rivolgiamo a noi stessi con un messaggio di potere e di possibilità il nostro comportamento ci darà un risultato di potere e di successo.
Rivolgersi a se stessi con parole tipo: io sono un fallito, che sbadato che sono, io sono una persona negativa, io sono sfortunato, io sono stressato, capitano tutte a me, non ce la farò mai, sono un incapace, che stupido che sono ecc. significa gettare il seme di un malessere inconscio.
Il potere del linguaggio:
Le parole, dette o pensate, hanno un immenso potere: possono esprimere fiducia, orgoglio, passione, gioia.. ma possono anche ferire, giudicare, bloccare, scoraggiare. Quando parole con queste connotazioni arrivano dagli altri, è più semplice comprenderne l’impatto negativo sul nostro umore. Siamo invece meno propensi ad analizzare le parole che rivolgiamo a noi stessi, che hanno un impatto ancor maggiore.
Le parole che fanno male all’inconscio e ci complicano la vita…

1) Parole forti
Ci sono situazioni che prevedono l’impiego di termini forti quali “devastante”, “terribile”, “raccapricciante”, “spaventoso”…. il problema è che queste parole estreme vengono impiegate comunemente nel linguaggio di alcune persone per dare valore aggiunto a un’emozione o un’esperienza che nella realtà dei fatti potrebbe essere stata solo fastidiosa. Prestate attenzione a non abusare di questi termini perché, anche in questo caso, l’inconscio ascolta.
Cosa fare: pesate bene le parole prima di aprir bocca. Sembra scontato ma non lo è, imparate a usare una certa oggettività, anche se la cosa vi riguarda e vi ha scottato. Attenzione a non amplificare le emozioni enfatizzandone fino all’estremo nella descrizione verbale.

2) Parole “tutto o niente”
“La vita non è solo bianco e nero, è anche Oro”. Recitava così un vecchia pubblicità (J’Adore, della casa di moda Christian Dior), probabilmente è stata l’unica volta in cui uno spot televisivo ha detto la verità; infatti, la vita è fatta di tante sfumature e colori… purtroppo le parole “tutto o niente” ignorano questo concetto e lanciano segnali sbagliati al nostro inconscio. L’inconscio che fa? Incamera e diventa estremo.
Cosa fare: sostituire le parole quali “sempre”, “mai”, “assoluto”, “completo”, “eterno”, “zero”, “niente”, “tutto”… Alcuni esempi: “è tutto sbagliato” oppure “va a finire sempre così..”. Queste parole vanno sostituite sì nel linguaggio quotidiano ma soprattutto nei processi di pensiero.

3) Parole giudicanti
Non parlo di pregiudizi sociali ma delle etichette che tendiamo ad affibbiarci ogni giorno. “Sono uno stupido” o ancora “fallito”, “incapace”, “sbagliato”, “mostro”…. Queste parole esprimono un giudizio assolutistico sulla persona e spesso vanno proiettati all’esterno nel peggiore dei modi. Possono addirittura causare ansia.
Cosa fare: evitate di indossare abiti così pesanti. Se proprio non potete fare a meno di offendervi non fatelo in modo assolutistico. Riflettete e, al posto del classico “sono stupida” usate formule tipo “in questa circostanza non sono stata scaltra, avrei potuto agire in modo diverso…”. Analizzate il vostro atteggiamento senza escludere il contesto in cui si è svolto il tutto.

4) Parole “Ordini e imposizioni”
Quotidianamente ci bombardiamo di ordini e imposizioni: devo dimagrire, devo studiare, devo, devo, devo…. tutte le parole che denotano un ordine come “devo” “bisogna” “è obbligatorio”…. innescano ansia, stress e senso di colpa. Qualora il “devo” dovesse risultare incompiuto, potrebbero insorgere forti frustrazioni.
Cosa fare: sostituire il “devo” con “posso”. Anche nel routine di pensiero quotidiano, ripetersi “posso studiare” al posto di “devo studiare”, può fare una grossa differenza.

5) Parole che sottostimano
Altra spina nel fianco del linguaggio quotidiano sono le parole che ci sottostimano, o meglio, che ci vittimizzano. Sono demoralizzanti e hanno l’abilità di minare sensibilmente l’autostima. Chi abusa di queste parole può entrare in un meccanismo di apatia fino a sentirsi sollevato dalle responsabilità o perdere il coraggio di affrontare le difficoltà.
Cosa fare: sostituire le espressioni come debole, impossibile, esausto, inutile, non posso, vulnerabile, incapace. Si tratta di vocaboli demotivanti, valgono gli stessi consigli visti per le “Parole giudicanti”.
Il linguaggio delle persone di successo
Curare il proprio linguaggio è un requisito fondamentale per condurre una vita migliore. Gli uomini di successo hanno un linguaggio diverso, non usano affermazioni fallimentari perché sono consapevoli del potere che le parole hanno su di loro. Una parola ripetuta continuamente forgia il nostro carattere e di conseguenza la nostra personalità. Le parole possono creare la salute e la malattia.
Siate gentili con voi stessi, nessuno può esserlo meglio di voi. Rivolgendovi a voi stessi continuamente con espressioni di potere quali: sono meraviglioso, tutti mi vogliono bene, sono bravissimo nel mio lavoro, sono una persona amorevole, sono pieno di risorse e capacità, sto benissimo ecc. vi renderete conto che, pian piano, il malessere viene rimosso per lasciare il posto a un benessere senza precedenti e a un potere senza limiti.


martedì 16 gennaio 2018

Mangi sano e ti ammali di meno


“Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”

Queste le famose ed illuminanti le parole di Ippocrate di Cos (Coo, 460 a.C. circa – Larissa, 377 a.C.), autore del famoso giuramento ancora oggi utilizzato dai laureandi in medicina; giuramento che impegna il futuro medico ad agire per il bene del paziente, nel pieno rispetto della sua persona.
Il padre della medicina, ben 400 anni prima della nascita di Cristo, aveva già compreso l’importanza dell’alimentazione in rapporto alla nostra salute ed al nostro benessere psico-fisico. Siamo ciò che mangiamo: non dimentichiamocelo mai!
Finalmente diversi studi confermano ciò che i Naturopati professano da sempre.
Buona lettura

Mangi sano e ti ammali di meno:
a sostenere l'effetto terapeutico degli alimenti uno studio pubblicato su Jama. L’esperto: la questione è limitare gli alimenti di origine animale per stare meglio
di Tina Simoniello

Dai calcoli biliari all’acne giovanile, dalla carnagione spenta all’artrosi. Dalla cellulite al cancro passando per la menopausa, il cibo sembra curare ogni cosa. Una bella dieta, prevalentemente vegetariana, e passano le malattie. Esattamente come passano con le medicine, ma a effetti collaterali zero.
L’ultimo studio in ordine di tempo sull’efficacia del cibo come farmaco (anzi meglio del farmaco, in questo caso) è stato pubblicato su JAMA Otolaryngology . Gli autori, otorinolaringoiatri e epidemiologi di New York, hanno esaminato 200 pazienti affetti da reflusso laringofaringeo (un disturbo dovuto alla risalita  del contenuto acido dello stomaco nella laringo-faringe per un malfunzionamento della valvola superiore dell’esofago), hanno confrontato gli effetti terapeutici dei farmaci contro l'acidità con quelli di una alimentazione mediterranean style, come loro hanno definito una dieta prevalentemente vegetariana, per il 90% costituita da frutta verdura legumi cerali integrali, noci nocciole e mandorle e per il restante 10% da alimenti di origine animale, carne e latticini 2-3 volte a settimana, specificano gli autori.
Stile mediterraneo. Mangiando stile mediterraneo, dopo solo 6 settimane il 63% dei pazienti a dieta erano già scesi di sei punti nella scala di valutazione dei sintomi del reflusso (tipicamente  tosse cronica o stizzosa, necessità di schiarirsi spesso la voce, sensazione di nodo in gola,  disfonie).  La stessa cosa era vera solo per il 54% di quelli in terapia farmacologica. Insomma la dieta aveva funzionato come un farmaco, anzi meglio. E senza alcun effetto collaterale. Un bel vantaggio visto che medicinali contro l'acidità assunti per lunghi periodi di tempo si associano a un aumento del rischio di osteoporosi, di disturbi  cardiaci e di malattie renali.
I cibi curano, proprio come fanno le medicine? Questa pubblicata su Jama è solo l’ultimo studio sul loro potere terapeutico. "I cibi non curano, semmai è l’alimentazione a curare – fa subito chiarezza Andrea Ghiselli, dirigente di ricerca al Crea-Alimenti e nutrizione di Roma.
Dove sta la differenza? "Non è il singolo alimento e meno ancora la molecola che cura ma un sistema alimentare, uno stile alimentare". Vagando per il web si trova di tutto (spesso anche il suo contrario per la verità): si scopre che la curcuma è anticancro, che la cannella è un antiglicemico, che lo zenzero guarisce dai disturbi gastrici. “Ed è tutto falso – riprende l’esperto –. Non ci sono alimenti che guariscono dalle malattie, semmai una dieta corretta che aiuta a guarire. Le cose cambiano per i disturbi che sono provocati dalla cattiva alimentazione, in questi casi modificando la dieta si tolgono le cause. È il caso del reflusso, di alcune colesterolemie, dell’ipertensione, di molte malattie croniche tipiche del nostro tempo, che puoi trattare con la dieta perché sono provocate dalla dieta, in genere da troppe proteine animali, troppe calorie, troppo sale ...”.
Alga o radicchio. E che dire della dieta mediterranea, miracolo italiano toccasana per ogni cosa? “Che non è la dieta mediterranea a essere l’unica buona alimentazione, o la migliorie alimentazione del mondo,  ma ogni regime alimentare a prevalenza vegetale. Molti studi sulla longevità condotti a livello globale indicano che i centenari, che siano giapponesi o napoletani, sono persone magre, che assumono anche il 90% delle calorie dai cibi vegetali, cibi che saziano di più e ingrassano molto meno degli alimenti animali”. Insomma il radicchio rosso di Chioggia vale quanto un’alga nipponica? “Esatto, la questione è limitare gli alimenti di origine animale, che oggi consumiamo in eccesso, non per curare. Ma per non ammalarsi”.

fonte:http://www.repubblica.it/salute/alimentazione/2017/09/21/news/mangi_sano_e_ti_ammali_di_meno-176121994/  


giovedì 4 gennaio 2018

Un cane fa bene al cuore e ti allunga la vita


Chi vive con un amico a quattro zampe è meno esposto a infarti, ictus e altri disturbi cardiovascolari. È quanto emerge da uno studio svedese, pubblicato su Scientific Reports, che svela quanto è importante il legame tra questi animali e la salute cardiovascolare
di SIMONE VALESINI

NON è un caso se lo consideriamo il migliore amico dell’uomo. Il cane è un compagno fedele e instancabile, che ci aiuta a rimanere attivi e con la sua presenza sembra addirittura capace di tenere alla larga alcuni problemi di salute, come asma e allergie respiratorie. Ma a ben vedere c’è di più: un amico a quattro zampe infatti potrebbe letteralmente allungarci la vita. È quanto emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports, che svela l’importante legame tra cani e salute cardiovascolare: un amico a quattro zampe diminuirebbe il rischio di soffrire di infarti o ictus, e più in generale abbatterebbe anche del 33% le probabilità di incorrere in una morte prematura.

La scoperta arriva dall’Università di Uppsala, in Svezia, ed è il frutto di uno studio che ha analizzato la salute di oltre 3,4 milioni di svedesi lungo un periodo di 12 anni. I partecipanti, tutti di età compresa tra i 40 e gli 80 anni e privi di patologie nel periodo precedente a quello monitorato, sono stati seguiti attraverso i registri del sistema sanitario nazionale. Un set di dati che ha permesso ai ricercatori di prendere in considerazione tutte le variabili rilevanti: età, sesso, stato civile, e anche il possesso di un cane, informazione che dal 2001 in Svezia deve essere comunicata e registrata a livello statale.

Analizzando quindi l’incidenza di disturbi cardiovascolari e la mortalità nel campione, e sistemando i risultati in base all’età, il sesso e altri fattori, i ricercatori hanno potuto stimare quale effetto ha sulla salute il possesso di un cane. E i risultati sembrano abbastanza chiari: i possessori di cani avrebbero un rischio di morire prematuramente inferiore del 20% rispetto alla popolazione generale. Un effetto protettivo che varia anche in base allo status familiare e alla razza di cane che si possiede. "Uno dei risultati più interessanti emersi dallo studio è che gli effetti del possesso di un cane sono massimi per le persone che vivono da sole", spiega Mwenya Mubanga, una delle ricercatrici dell’Università di Uppsala che ha partecipato allo studio. "Stando ai nostri dati, per i single il possesso di un cane diminuisce del 33% il rischio di morte e dell’11% quello di soffrire di malattie cardiovascolari. E l’effetto risulta massimo se il cane in questione appartiene a una razza selezionata originariamente per la caccia”.

"Per ora", sottolinea la ricercatrice, "si tratta di risultati che arrivano da uno studio epidemiologico, una ricerca che può identificare associazioni statistiche, ma non può chiarire la presenza di un eventuale nesso causale. Non è possibile quindi escludere la possibilità che i risultati osservati dipendano da altre variabili che lo studio non ha preso in considerazione: potrebbe darsi ad esempio che l’impegno richiesto dalla convivenza con un cane faccia sì questa scelta abbia in partenza una salute migliore; o che altre caratteristiche e stili di vita, ad esempio una dieta più sana, siano più comuni tra le persone che convivono con un cane".

Diversi indizi però potrebbero aiutare a spiegare una relazione diretta tra cani e salute. “Sappiamo ad esempio che chi convive con un cane tende ad avere livelli più alti di attività fisica, e questo potrebbe spiegare i risultati osservati”, sottolinea Tove Fall, epidemiologo dell’Università di


Uppsala che ha coordinato la ricerca. “Altre possibili spiegazioni riguardano le maggiori interazioni sociali, il benessere psicologico e l’affetto garantiti dalla convivenza con un cane, o persino l’influenza che potrebbe avere l’animale sul microbioma del padrone”.

fonte:http://www.repubblica.it/ambiente/2017/11/20/news/un_cane_ti_allunga_la_vita_abbassa_del_33_il_rischio_di_morte_prematura-181610245/